Ep. 113 – Alla volta di Sarajevo

Pigeon Square – Sarajevo, Bosnia, by Clark & Kim Kays licensed under CC BY-NC-ND 2.0

Questo articolo si accompagna alla puntata 113 del podcast “Cos’ha in serbo la Serbia”.

Di solito, cerco di scrivere gli articoli in contemporanea con l’uscita delle puntate, ma questa volta volta sono “leggermente” in ritardo.

Mostar: un ponte tra Oriente e Occidente

Stari Most by Pauchok on Goodfon.com

Arrivando a Mostar si respira un’aria completamente diversa da quella di Trebinje.

Pur trovandoci ancora nella regione storica della Erzegovina, siamo al di fuori della Repubblica Serba e si inizia a vivere il mix di etnie e religioni che caratterizza la Bosnia.

La città di Mostar, in particolare, è costituita al 49% da croati cattolici, al 43% da bosgnacchi (popolazione di etnia slava ma di religione musulmana) e all’8% da serbi ortodossi e altre minoranze etno-religiose.

Il nostro ingresso a Mostar fu accompagnato dai canti provenienti dalle tante moschee sparse intorno e all’interno della città. Alloggiammo sul lato bosgnacco della città, che è sostanzialmente divisa in due dal fiume Neretva: da un lato vive in maggioranza la popolazione di religione musulmana, dall’altro quella di religione cattolica.

Uno dei punti caratteristici della città, è il famoso vecchio ponte di Mostar, che fu distrutto durante le guerre di Jugoslavia e ricostruito in seguito. Il ponte è sempre frequentato da giovani che, per somme di denaro, si sfidano a lanciarsi nel fiume Neretva che scorre a più di 20 metri al di sotto del ponte.

Per non essere da meno agli occhi dei miei compagni di viaggio,  decisi di avventurarmi anche io nella Neretva, però decisi di approcciare il fiume dalla riva piuttosto che lanciarmi dal ponte.

L’esperienza durò pochi minuti, dato che l’acqua era così fredda e la corrente così forte che, pur essendo a fine agosto, rischiavo di gelarmi senza riuscire a spostarmi di un centimetro.

Visitammo alcune delle moschee al centro della città vecchia, e poi decidemmo di andare a riposare per prepararci alle avventure del giorno seguente.

Međugorje e le cascate di Kravica

Međugorje non era nel piano iniziale, ma visto che in Italia se ne parla tanto ed era lungo la strada verso le cascate di Kravica decidemmo di varci tappa.

Аутор: Matěj Baťha – Сопствено дело, CC BY-SA 2.5, Веза

Dalle informazioni che ho trovato, il Vaticano nel settembre del 2024 ha approvato il culto pubblico della Madonna di Međugorje ma non si è pronunciata sulla soprannaturalità degli eventi stessi.

Guidando verso Međugorje mi resi conto di quanto la Bosnia sia in realtà una entità creata da 3 paesi compressi: nella Repubblica Serba si notano in giro un piccolo numero di bandiere bosniache a fianco a bandiere serbe, nella zona di Mostar le uniche bandiere presenti in giro sono quelle bosniache, mentre spostandosi verso Međugorje le bandiere croate prendono il posto di tutte le altre.

Međugorje si rivelò essere una colonia italiana e la Madonna è trattata più come una icona rock che una figura religiosa. Ci sono spille, cappellini, magliette… e la cosa interessante è che alcuni dei negozi di souvenir sono gestiti da italiani. Abbiamo conosciuto una signora di Verona che gestiva il negozio da una decina d’anni e non parlava una parola di serbo-croato. Interessante, vero?

Il culto della Madonna avviene attorno ad un monumento situato sulla cima di una collinetta, in cui si racconta che alcuni ragazzi nel 1981 assistettero a diverse apparizioni durante delle passeggiate in quei luoghi.

Il giorno in cui arrivammo ai piedi della collinetta, c’erano circa 35 gradi. La salita è ripida, costellata da pietroni aguzzi e scivolosi, e senza alcun sentiero. Io e Luka decidemmo di avventurarci nell’arrampicata e fui stupito di vedere quante persone giovani e anziani, alcuni persino a piedi nudi, si avventuravano verso la cima. Il mio assistente gettò la spugna a metà percorso e si accomodò sotto l’ombra di un ulivo, mentre io continuai imperterrito verso la meta.

Arrivato in cima, mi imbattei in una comunità in preghiera e decisi di ricominciare la discesa quando, scivolando su uno dei pietroni aguzzi, mi regalai una gradevole distorsione alla caviglia.

Un gruppo, ovviamente di italiani di Verona, si offrì gentilmente di aiutarmi a completare la discesa zoppicando, e una di loro voleva trasmettermi dell’energia per accelerare la guarigione della mia caviglia… questa offerta, sinceramente, mi colse impreparato.

 Una volta ritornati alla macchina, in qualche modo, continuammo il nostro viaggio con una nuova minaccia lanciata da Google che riportava un incendio di dimensioni notevoli che si aggirava proprio nei pressi dei nostri percorsi. Non riuscimmo a verificare se si trattasse di realtà o di una segnalazione errata, ma per fortuna, dell’incendio non vedemmo traccia.

Le cascate di Kravica, di cui sinceramente non avevo mai sentito parlare, sono molto suggestive e costituiscono un luogo perfetto per passare una giornata in famiglia durante giornate particolarmente afose. Si trovano all’interno in un parco naturale con percorsi dove passeggiare e diversi gruppi di piccole cascate dove è possibile nuotare.

Ci sono anche piccoli bar e ristoranti dove potersi intrattenere durante la giornata.

Alla volta di Sarajevo

L’ultima tappa del nostro viaggio fu la città di Sarajevo, in cui ci fermammo per alcuni giorni.

Questa non fu la mia prima visita alla città, dato che la visitai durante gli anni universitari, circa nel 2004, raggiungendola da Bari viaggiando con il traghetto Bari-Dubrovnik. A venti anni di distanza dalla mia visita precedente, e a quasi 30 anni dall’assedio, è impressionante notare quanto i segni del conflitto siano ancora visibili per le strade della città.

Percorrendo alcune delle stradine secondarie del centro, è ancora possibile vedere lungo i muri i fori dei proiettili sparati durante la guerra.

Personalmente, penso che sia importante conservare la memoria dei terribili eventi accaduti, attraverso le diverse targhe e monumenti che ricordano gli atti commessi dai bosniaci di etnia serba. D’altra parte, però, credo che concentrare una moltitudine di attrazioni e gite turistiche attorno agli eventi di guerra, piuttosto che valorizzare ciò che di bello e positivo offre la città, possa essere controproducente.

Il bellissimo centro di Sarajevo trasmette delle vibrazioni simili a Mostar, ma con proporzioni e caratteristiche diverse data la diversa dimensione e topologia della città.

La parte centrale, e più popolare della città vecchia è strettamente di cultura musulmana e a tratti mi ha dato la sensazione di passeggiare per le strade di Istanbul, con la sua miriade di negozietti, mercatini e moschee.

Spostandosi verso ovest percorrendo le stradine di Sarači del quartiere di Baščaršija si arriva al punto marcato come “Sarajevo Meeting of Cultures” dove nel giro di pochi metri ci sembra di viaggiare da Istanbul a Vienna, dato che da questo punto in poi l’architettura della città è completamente di impronta austroungarica.

Anche nella capitale bosniaca, il nostro piccolo assistente sentì il bisogno di farsi notare. Tra le varie tappe del nostro itinerario turistico-culinario (parte integrante del patrimonio culturale bosniaco) ci siamo concessi una pausa a una delle famose Ćevabdžinice di Sarajevo.

Questi ristoranti sono specializzati nel servire ćevapi, un altro piatto tipico balcanico, che consiste in carne tritata di agnello e manzo (ovviamente il maiale non è utilizzato in Bosnia per ovvi motivi religiosi) speziata e servita in forma di salsicciotti con contorno di cipolla e kajmak (formaggio tipico).

Ebbene, in questo luogo tipico con tradizioni secolari, Luka decise di chiedere alla cameriera se avessero qualcosa che non fosse ćevapi. Ovviamente la cameriera rispose con un secco no e disse che sarebbe ripassata più tardi.

La nostra visita a Sarajevo fu anche positiva dal punto di vista sportivo, dato che l’intera città consiste di una moltitudine di salite e discese che si arrampicano lungo i colli su cui è stata costruita.

 A proposito di sport, non potevamo lasciare la città senza visitare il museo e i luoghi legate alle famose Olimpiadi invernali di Sarajevo del 1984.

Dopo una visita al museo, decidemmo di prendere la funivia e recarci sulla montagna di Trebević alla periferia della città per visitare i luoghi in cui si sono svolte le Olimpiadi. Si tratta di un parco enorme, a pochi minuti dal centro città, in cui è possibile passeggiare in tranquillità.

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