Ep. 114 – Terra promessa: colonizzazione, nuove vite… e un aereo in mezzo alla piazza

L’articolo di oggi è scritto come “sbobinatura” della puntata del podcast ed ha quindi uno stile un po’ diverso dagli articoli precedenti.

Erano anni che sentivo parlare di Bački Brestovac, paesino a nord ovest della Serbia nel territorio di Bačka, i cui confini sono definiti  definiti dal Danubio e dal suo affluente il Tisa. Sentivo parlare di questo paese in quanto città Natale di mia suocera, che mancava da lì da diversi anni, da quando non erano più in possesso della casa in cui era nata e cresciuta. Quindi decidemmo di organizzare una missione esplorativa e di andare a visitare questo paese di cui avevo tanto sentito parlare.

Autor User:PANONIANhttp://en.wikipedia.org/wiki/Image:Vojvodina_map02.png, Javno vlasništvo, Poveznica

Una volta arrivati a Bački Brestovac, c’è una cosa che colpisce subito; non sono le case, non sono i campi, non è nemmeno la pianura sterminata che la circonda… è un aereo militare, piazzato lì in mezzo al paese, un jet da guerra, con la punta rivolta verso il cielo come se stesse per decollare, ma non lo farà mai. E allora ti viene spontaneo chiederti: ma che ci fa un aereo da guerra qui?

Per rispondere dobbiamo tornare indietro, molto indietro; ma prima, andiamo avanti e, passato l’aereo, giriamo a destra e ci ritroviamo nella viuzza in cui si trovava la casa natale di mia suocera di cui dicevo.

Sulla sinistra, si Intravede un casolare abbandonato, un po’ in rovina, con degli interessanti motivi decorativi sulla facciata, mi dicono che un tempo era la kafana principale del paese dove tutti i contadini e i cittadini si incontravano dopo una lunga giornata nei campi. Continuando, arriviamo all’abitazione di nostro interesse, e grazie alla disponibilità dell’attuale inquilino entriamo a visitare la proprietà.

La prima cosa che colpisce, sono degli enormi portoni decorati da interessanti piastrelle con dei motivi particolari che non si vedono molto spesso, soprattutto nel territorio di Novi Sad. Alcuni questi portoni, riportano sull’arco sovrastante delle scritte in tedesco (o relativi a nomi di famiglie tedesche).

Sì, ci troviamo in un territorio che un tempo fu sotto la dominazione austroungarica, ma questo tipo di strutture non le avevo mai viste. Arrivati all’interno, ci troviamo in un ampio cortile di ingresso. La casa, sul lato, è sempre decorata da queste interessanti piastrelle e la parte posteriore è collegata a un giardino, in cui si trovano le stalle, adibite al bestiame e agli animali che venivano accuditi da queste famiglie.

Ma come mai, quindi, ci troviamo gente che non è nemmeno originale della Serbia, dato che la maggior parte degli abitanti di Bački Brestovac arriva dalla regione di Lika (regione montuosa a nord della Croazia) che si trasferisce in pianura in delle case che appartenevano a famiglie tedesche.

Foto tratta da google.com

Questo interessante minestrone di elementi, va ricondotto alla famosa riforma agraria che in diverse battute aveva interessato tutta la Jugoslavia.

Incuriosito da questa storia decido di fare un po’ di ricerca, e vengo a sapere che la Jugoslavia aveva già provato nel 1918 a risolvere il problema della distribuzione della terra ai contadini, ma l’aveva fatto molto male. Si trattava di una riforma diseguale, confusa che lasciava contadini senza terre, e grandi proprietà terriere completamente intatte. Tensioni etiche irrisolte e molti proprietari terrieri a cui erano stati promessi dei pagamenti mai completati. La situazione va ancora più a complicarsi con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Delegazione del Consiglio Nazionale di Slovenia, Croazia e Serbia ad un incontro con il principe Alessandro a Belgrado (1918)
By Unknown author – Dom i svijet, 1919, no I, Public Domain, Link

Durante la guerra, i territori che non erano stati legalmente registrati, passano di mano in mano. Molti contadini che lavoravano terreni di altri proprietari terrieri, dall’oggi al domani si proclamano proprietari.

Dall’altra parte abbiamo proprietari che ritornano nei loro territori e si trovano a non essere più proprietari di nulla. Inoltre, oltre a questo caos relativo alle proprietà terriere, che si era ancora più complicato con la Seconda Guerra Mondiale, Il governo di Tito sì rende conto che anche il territorio della Vojvodina aveva cambiato volto.

Una popolazione intera, quella dei tedeschi della Vojvodina (podunavske švabe) sparisce quasi del tutto. Case vuote, campi abbandonati, stalle piene di attrezzi e silenzio. L’unica cosa che rimane lì è la pianura: fertile e immobile.

Lo stato quindi decide di sfruttare questa “opportunità” e nell’estate del 1945 arriva la nuova legge agraria.

Viene creato un fondo in cui si registrano tutta la terra disponibile; i terreni vengono divisi e confiscati per poter essere ridistribuiti ai contadini. La terra viene confiscata principalmente a grandi proprietari terrieri, collaborazionisti, nemici politici, popolazioni tedesche fuggite e società private e alle chiese. L’espropriazione dei territori agricoli alle chiese  fu una faccenda molto delicata.

La riforma prevedeva che i proprietari potessero mantenere una piccola porzione delle loro proprietà terriere, che non poteva andare oltre un certo limite abbastanza ridotto, e questo non era visto di buon occhio dalle diverse chiese presenti in Jugoslavia, perché, ricordiamoci che in Jugoslavia abbiamo un mix di etnia: ci sono musulmani ortodossi e cattolici. Il paese è multi-religioso e quindi si decide di operare con cautela per quanto riguarda questi territori.

Le terre tolte alle chiese vengono affidate a contadini credenti e praticanti, già residenti nella zona dei territori confiscati, quindi non vengono presi dallo Stato, ma vengono ridistribuiti alle comunità religiose del luogo. Una scelta pragmatica più politica che ideologica.

Dobbiamo anche ricordarci che la Jugoslavia era un paese socialista, ma non era l’Unione Sovietica. In Unione Sovietica, era stata applicata una politica di nazionalizzazione delle terre questo fu possibile in quanto i contadini non avevano mai davvero posseduto la terra, coltivavano territori che erano di proprietà altrui.

In in Jugoslavia, la situazione era diversa. Qui la terra non era solo un appezzamento su cui lavorare, era identità, famiglia e memoria.

I contadini della Jugoslavia possedevano le terre su cui lavoravano. Quello che cerca di fare la riforma è di ridistribuire le terre, limitare il latifondo, ma non cancellare le proprietà dei contadini. È una scelta che allontana Tito da Mosca e che porterà poi allo strappo con il Cominform.

Coloni in partenza dalla Dalmazia alla volta di Stanišić villaggio nei pressi di Bački Brestovac. Immagine tratta da ravnoplov.rs (https://www.ravnoplov.rs/jedna-tipicna-kolonizacija-vojvodine-stanisic-1945-46-godine/)

Quindi ai contadini non viene assegnata una terra che è proprietà di qualcun altro, ma la terra diventa di loro proprietà con delle ben definite condizioni. I nuovi coloni, poi oltretutto non arrivano nel nulla, oltre ai terreni vengono loro assegnate case già pronte, con grossi cortili, stalle per gli animali e granai. Per chi veniva da zone montuose era un mondo completamente diverso.

i contadini che giungevano dalla regione di Lika, vedevano l’opportunità di trasferirsi in un territorio estremamente fertile. Naturalmente, oltre i contadini di Lika,  anche a famiglie di altre parti della Jugoslavia vennero assegnate delle terre per cui anche famiglie bosniache e croate vengono “trasferite”.

Comunque la colonizzazione  interessa maggiormente famiglie di origine serba. Dobbiamo tener conto che, anche prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, in diversi territori della Jugoslavia c’erano famiglie che erano originariamente di altri territori della federazione; ad esempio, molte famiglie che vivevano in Croazia erano famiglie di origine serba, che vivevano in Croazia ma conservavano la loro identità di famiglie serbe.

Le terre assegnate ai coloni però, non erano un regalo ma c’erano limiti e obblighi ben definiti: c’era un limite all’estensione dell’apprezzamento di terra che poteva essere assegnato ad ogni famiglia e la famiglia per conservare la proprietà di questa terra, doveva coltivarla di persona; non erano autorizzati a venderla o affittarla per un periodo di vent’anni e potevano assumere manodopera esterna con forte restrizioni.

Quindi, la famiglia poteva occuparsi anche di altre attività, ma doveva lavorare la terra che le era stata assegnata per conservarne la proprietà.

Se l’erede dell’apprezzamento di terra decideva di occuparsi di qualcosa completamente esterno alla coltivazione, la terra veniva riassegnata a un altro membro della famiglia che si prendeva in carico la coltivazione della terra, altrimenti ritornava allo Stato. 

D’altra parte lo Stato puntava ad avere una classe di contadini colta, per cui diverse agevolazioni venivano fatte ai membri di queste famiglie che decidevano di investire tempo e denaro nella loro istruzione in campo agrario. Tito, aveva grosse pressioni da altri membri del Governo che sostenevano il fatto che questa divisione degli apprezzamenti terreni avrebbe portato a una riduzione della produzione agraria, segmentando grossi terreni che erano, in alcuni casi, coltivati in maniera sistematica e organizzata assegnandoli a famiglie che in alcuni casi aveva poca esperienza nel campo; con questi interventi e questa spinta agli studi volevano portare questi contadini a lavorare la terra in maniera più efficace. 

Ma torniamo al nostro aereo, l’aereo in piazza.

L’aereo che si trova lì al centro di Bački Brestovac non è lì perché è caduto e non è un monumento a una battaglia locale. È un F-84, un jet militare usato dalla Jugoslavia più che altro negli anni ’50, ed è un aereo di produzione occidentale, americano; già questo dice molto, racconta una Jugoslavia che non è nè sovietica, nè occidentale, ma sta nel mezzo, cosa che cerca di fare anche al giorno d’oggi, ma con un po’ meno successo. Racconta un paese che mentre distribuiva la terra, costruiva anche un esercito moderno e si muoveva nella Guerra Fredda cercando di definire una sua strada. Mettere quell’aereo in mezzo al paese significa una cosa semplice: questa comunità non è isolata dalla storia, né è attraversata.

Da quello che vediamo quindi, Bački Brestovac non è semplicemente un paesello agricolo, è un luogo dove si sono incontrate migrazioni, politiche socialiste, memorie di guerra e identità nuove, e quell’aereo fermo lì per sempre, non guarda solo il cielo, guarda una storia che continua a vivere: tra campi, case e persone che hanno ricominciato da zero.

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